Tanti tipi di bambino
Ogni individuo ha la propria storia e non ne esiste uno identico ad un altro. Se entriamo in una classe possiamo osservare con facilità tante differenze.
C’è il bambino timido, che tende a chiudersi nel suo guscio, facendo il possibile per evitare di essere coinvolto in una conversazione, in un’attività di gruppo. Egli è fragile e forte allo stesso tempo: fragile rispetto ai cambiamenti dell’ambiente, che sente come rischiosi; forte perché riesce a esercitare un controllo sulle proprie emozioni, a portare avanti il proprio lavoro a testa bassa, evitando di chiedere aiuto. È un bambino che ha bisogno di una vicinanza discreta, di ricevere stimoli e sollecitazioni calibrate, senza forzature, ma permettendogli di osservare le proprie competenze. La gradualità è la strada maestra.
Che dire poi del bambino che ha frequenti manifestazioni di aggressività, che assume atteggiamenti sempre un po’ “fuori dalle righe”; l’aggressività sembra sfuggirgli dalle mani, da un tono di voce sempre adirato, dalla sua andatura, dallo sguardo, da ogni gesto. Come se la sua energia fosse sempre in esubero.
È un bambino vulnerabile, che non tollera le frustrazioni e gli insuccessi, che non sa dosare la propria affettività e che, talvolta, non possiede uno strumento linguistico valido, per cui è necessario parlare al posto suo, esprimere con le nostre parole i suoi disagi, standogli vicino senza timore e aiutandolo a stabilire relazioni più “morbide” con i coetanei. Nel gruppo deve avere un compito ben definito, adeguato alle sue capacità, per potersi meglio controllare e per poter avere esiti positivi.
Il bambino oppositivo, invece, è sempre pronto a dire “no!”, è ostinato, difficile da convincere. Egli sa perfettamente che cosa non vuole, ma fa fatica a esprimere i propri desideri autentici. Con le sue negazioni egli costruisce una barriera tra sé e gli altri, come se percepisse gli altri pericolosi e ostili. Egli ha bisogno di imparare a fidarsi e ad avere più fiducia nelle proprie capacità e possibilità. Se gli adulti lo osservano solo nei suoi comportamenti negativi non fanno altro che assecondare il suo modo di stare in contatto con il mondo. Ciò che dobbiamo fare consiste invece nell’andare alla ricerca di suoi “momenti” positivi, magari con una sorta di lente di ingrandimento che amplifica gli attimi di disponibilità e permette di scorgere le risorse.
Infine c’è il bambino pigro, quello sempre assorto nei suoi pensieri e nelle sue fantasie, con lo sguardo altrove, sollevato un metro da terra. Appare rallentato, decelerato, apatico in ogni cosa ed è davvero difficile coinvolgerlo nelle attività, catturare il suo interesse, entusiasmarlo. È come se gli stimoli giungessero a lui ovattati, attutiti al punto che le sue reazioni appaiono impercettibili.
È un bambino che non crea problemi, non fa confusione, non si oppone e se ne sta in disparte non per timidezza, ma perché sceglie di rimanersene tranquillo, a crogiolarsi nella sua pigrizia. La sua è una forma di opposizione silente, che necessità di vicinanza e di affetto.
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